Il settore moda a Modena e provincia, tra opportunità e sfide future. FISMO Confesercenti Modena: “Maggiori misure di sostegno per le imprese del settore”

Un settore, quello della moda, al centro di un grande cambiamento: tra ultra fast fashion e continua espansione dell’e-commerce da un lato e, sempre più attenzione da parte del consumatore verso acquisti che rispettino l’ambiente e l’etica dall’altro, la moda italiana si sta modificando profondamente. Molti consumatori prediligono l’e-commerce ma ricercano un’esperienza di acquisto gratificante, semplice, veloce ed efficiente. Inoltre, la decisione di acquisto è sempre più influenzata dagli influencer: l’83% considera infatti i loro consigli come elemento significativo nel processo decisionale. Cambiamenti che stanno investendo anche il settore moda di Modena e provincia, dove, dal 2014 al 2024, le imprese del settore sono passate da 1204 a 837, con la flessione del 30,5%. Per Po, Presidente Provinciale FISMO (Federazione Italiana Settore Moda) Confesercenti Modena, occorre un cambio di passo, con integrazioni dei canali fisici e online e un quadro fiscale più equo per le imprese per poter continuare ad avere centri vivi e con tante attività aperte

 

Intercettare i cambiamenti che il settore moda sta vivendo, addirittura anticiparli per poter dare ai consumatori un’esperienza di acquisto che sia performante e attenta alle esigenze di tutti. È questa la grande sfida che attende il settore moda e, da quanto emerge dai dati di FISMO Confesercenti Modena, su Modena e provincia, il settore, pur non dando segnali di forte crisi, deve attualizzarsi ai vari cambiamenti che stanno avvenendo.

 

Il settore del commercio al dettaglio di abbigliamento, tessile e calzature nella provincia di Modena ha attraversato un decennio di profonde trasformazioni, registrando una significativa contrazione nel numero di imprese. Questo è quanto emerge dall’analisi di Fismo (Federazione Italiana Settore Moda) Confesercenti Modena, che ha esaminato l’evoluzione del settore a livello locale dal 2014 al 2024.

 

I dati sono chiari: nel periodo considerato, Modena e provincia hanno visto il numero di imprese di commercio al dettaglio del settore moda passare da 1.204 a 837, con una flessione del 30,5%. Una riduzione ben più marcata rispetto alla media nazionale, che nel periodo 2013-2023 ha registrato una diminuzione del 21,1%, passando da 121.139 a 95.532 imprese. Questa tendenza provinciale e nazionale evidenzia una contrazione totale di 25.607 imprese a livello nazionale e 367 nella provincia di Modena nell’ultimo decennio.

L’impatto della pandemia di COVID-19 ha accelerato questo processo. Tra il 31 dicembre 2019 e il 31 dicembre 2022, la provincia di Modena ha perso 111 attività, pari a una diminuzione di circa l’11% (da 1.050 a 939 imprese). I comuni più colpiti in termini di perdita di attività in questo triennio sono stati Modena (-48 imprese, -14,9%), Pavullo (-5 imprese, -11,5%), Vignola (-6 imprese, -9,7%), Carpi (-10 imprese, -9%) e Sassuolo (-6 imprese, -6%).

 

L’analisi della variazione per natura giuridica delle imprese nel periodo 2014-2024 a Modena rivela un calo diffuso, ma con un impatto maggiore sulle imprese individuali, che hanno subito una riduzione di 210 unità (-58%). Le società di persone hanno perso 112 imprese (-23%), mentre le società di capitale hanno registrato una diminuzione di 15 imprese (-19%).

A livello comunale, i dati 2014-2024 mostrano che Modena ha registrato il calo maggiore in termini assoluti, passando da 370 a 243 imprese (-127). Seguono Carpi (da 141 a 97, -44), Sassuolo (da 105 a 83, -22) e Formigine (da 55 a 37, -18). In termini percentuali, Modena ha superato la media provinciale di diminuzione (-30,5%) con un -34%. Anche Formigine (-33%) e Carpi (-31%) hanno registrato cali superiori alla media provinciale.

 

Tra i fattori che hanno contribuito a queste chiusure c’è la crescita dell’e-commerce, senza dubbio il principale motore di questa rivoluzione. I consumatori preferiscono sempre più lo shopping online per la sua comodità e spesso per i prezzi più competitivi. Le piccole imprese di abbigliamento sono state particolarmente colpite, in quanto spesso non dispongono delle risorse economiche necessarie per innovarsi e sviluppare una presenza online efficace che possa affiancarsi al negozio fisico. Un altro fattore cruciale è l’aumento dei costi gestionali, inclusi affitti, utenze e spese operative, che ha gravato pesantemente sulle piccole imprese. Questo incremento dei costi, unito a una diminuzione delle entrate dovuta alla contrazione dei consumi e alla crescente concorrenza dell’e-commerce, ha reso estremamente difficile per molte attività mantenere la sostenibilità economica. Di conseguenza, le imprese sono costrette a rivedere le proprie strutture di costo e a implementare strategie di efficienza per rimanere competitive.

 

Così Giulio Po, Presidente Provinciale FISMO: “I dati evidenziano una realtà complessa per il nostro settore. La riduzione del 30,5% delle imprese del commercio moda nella provincia di Modena in dieci anni non è solo un numero, ma rappresenta la perdita di posti di lavoro, di vitalità dei nostri centri urbani e di un pezzo della nostra identità economica e sociale. È di fondamentale importanza che le istituzioni implementino misure di sostegno concrete e mirate. Non possiamo permettere che i nostri negozi di vicinato, che rappresentano un presidio sociale e culturale fondamentale, vengano inghiottiti da dinamiche di mercato sempre più aggressive e da costi insostenibili. Dobbiamo ripensare il futuro del commercio al dettaglio del settore moda in un’ottica di innovazione e resilienza”.

 

“Guardiamo al futuro con determinazione, ma anche con la consapevolezza che è necessario un cambio di passo. Integrare i canali fisici con quelli online, stimolare l’attrattività delle nostre città attraverso eventi e iniziative, e ottenere un quadro fiscale più equo per le nostre imprese. Occorre un impegno concreto perché la resilienza delle nostre attività è un successo per tutta la comunità modenese. Vedere le nostre vetrine accese significa vitalità e prosperità per la nostra provincia” conclude Po.

Proprio sull’evoluzione del settore moda e sui trend che stanno investendo il settore si è concentrata la relazione “Comportamenti e trend nella distribuzione al dettaglio del settore moda” redatta dalla prof.ssa Elisa Martinelli, docente di Economia e Gestione di Imprese presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE). Una relazione molto importante per comprendere i comportamenti di acquisto e riflettere sul futuro del settore.

 

L’evoluzione del settore moda: tra e-commerce e ultra fashion, come cambiano gli acquisti
Il settore moda si trova in un momento di profonda e rapida evoluzione, influenzato da un consumatore sempre più informato, esigente, oltre che da un’accelerazione tecnologica senza precedenti. In un quadro macro-economico e geo-politico complesso, la spesa per consumi delle famiglie italiane in abbigliamento e calzature ha subito un calo di circa il 2,5% nel 2023, attestandosi a 65,6 miliardi di euro. Nonostante ciò, gli ultimi due anni hanno mostrato una ripresa, con valori di spesa superiori rispetto al periodo pre-pandemico. Tuttavia, un dato significativo emerso dall’indagine ISTAT del 2024 rivela che la spesa in abbigliamento e calzature è stata la più sacrificata dalle famiglie nel 2023, con quasi la metà (48,6%) che ha dichiarato di aver ridotto gli acquisti in questa categoria.

Questo fenomeno si scontra con una percezione dell’inflazione nel settore abbigliamento e calzature del 9,7% in aprile 2025, a fronte di un’inflazione reale decisamente inferiore, pari allo 0,8%. Questa discrepanza tra percezione e realtà influisce notevolmente sulle decisioni di acquisto.

 

Infatti, al centro delle decisioni di acquisto del consumatore, come riporta l’analisi della prof.ssa Martinelli, c’è un processo di interazione dinamica tra diversi fattori: innanzitutto le influenze psicologiche come la motivazione all’acquisto, la personalità individuale e la percezione del brand giocano un ruolo cruciale. Non meno importanti sono le influenze demografiche (età, genere, ecc.) e socio-culturali, che includono i gruppi di riferimento, il nucleo familiare di appartenenza, la classe sociale e le mode culturali. Inoltre, fattori situazionali quali la finalità dell’acquisto (regalo, necessità, desiderio), l’ambiente fisico del negozio o della piattaforma online e il tempo disponibile per lo shopping arricchiscono il quadro, rendendo ogni atto d’acquisto un’esperienza unica e multiforme. Parallelamente, anche gli imprenditori, gestendo il marketing mix della loro attività in maniera sinergica – con l’assortimento offerto, il prezzo, la comunicazione, il servizio, il punto di vendita, lo storytelling e gli strumenti di marketing sensoriale – possono orientare scelte e comportamenti della domanda.

 

Tra i macro-driver di evoluzione che stanno plasmando il futuro del fashion retail, la prof.ssa Martinelli si è concentrata su 6 principali tendenze, Innanzitutto il digitale emerge come elemento preponderante. L’e-commerce italiano nel settore moda sta vivendo un’espansione esponenziale, con importanti previsioni di crescita: si stima che il valore del mercato online passerà da 16,48 miliardi di euro nel 2023 a 36,31 miliardi nel 2029, con un tasso di crescita medio annuo (CAGR 2023-2029) del 14,06%. Questo incremento sarà trainato principalmente dai segmenti dell’abbigliamento e del lusso, che si prevede contribuiranno all’aumento complessivo con un valore aggiuntivo di 21,71 miliardi di euro.

In base a una ricerca Netcomm NetRetail Focus Fashion & Lifestyle 2024, i fattori principali che spingono i consumatori verso gli acquisti online sono l’ampiezza e la varietà del catalogo prodotti (citata dal 38% dei rispondenti), la convenienza del prezzo del prodotto e dei costi di consegna (35,6%), e la possibilità di effettuare resi gratuiti e semplificati (26,9%).

 

 

Tuttavia, il boom dell’e-commerce porta con sé anche delle sfide, tra cui l’aumento dei resi, che sono cresciuti del 63% su base annua. Nel settore dell’abbigliamento, in particolare, la percentuale di resi raggiunge il 25,14%, generando costi significativi per le aziende, che possono variare dal 20% al 65% del valore originale dell’articolo, e superare il 66% in caso di resi gratuiti o processi di logistica inversa complessi. I consumatori moderni non cercano solo prodotti, ma un’esperienza d’acquisto fluida e gratificante, caratterizzata da semplicità, velocità ed efficienza. La consegna a domicilio rimane la preferenza indiscussa per il 76,6% dei consumatori, sebbene stia crescendo anche la tendenza al ritiro presso punti esterni (out-of-home pickup).

 

L’incremento dello shopping online si collega ad un trend innovativo e in rapida espansione, ovvero la “Phygitalizzazione“, che rappresenta la fusione intelligente tra il mondo fisico del negozio e quello digitale. L’obiettivo è creare un’esperienza d’acquisto unica, coinvolgente e personalizzata. Esempi concreti di questa tendenza includono l’implementazione di totem interattivi all’interno dei punti vendita, l’evoluzione del servizio Click & Collect che consente ritiri rapidi e comodi, l’adozione di camerini “smart” dotati di tecnologie che migliorano l’esperienza di prova e acquisto, l’integrazione completa tra canali online e offline.

 

Il ruolo dei social network e degli influencer è diventato un pilastro fondamentale nel condizionare le scelte d’acquisto. Gli ultimi rapporti Eurispes rivelano che in Italia il 28,8% dei consumatori ha effettuato un acquisto di un prodotto promosso da un influencer, e ben l’83% considera i loro consigli e raccomandazioni come elementi significativi nel proprio processo decisionale. Questo evidenzia una crescente fiducia nelle figure digitali e un impatto diretto del content marketing sulle vendite. Il fenomeno “haul” si riferisce a video o contenuti online in cui una persona mostra e descrive gli acquisti che ha fatto. Questi video, diffusi principalmente su piattaforme come YouTube e TikTok, mostrano l’hauler (chi realizza il video) che spacchetta e commenta i suoi acquisti ai follower.

 

Un’altra forza dirompente nel mercato è l’affermazione dell’ultra-fast fashion, con attori globali come Shein e Temu che hanno rivoluzionato il modello di business, utilizzando in modo massivo i social e l’haul influencing, offrendo capi di tendenza a prezzi estremamente competitivi e con tempi di produzione e consegna ridotti all’osso. Sebbene questi modelli rispondano a un’esigenza di rapidità e accessibilità, sollevano interrogativi importanti sui loro costi ambientali e sociali, spingendo il settore a riflettere sulla sostenibilità.

 

Proprio la sostenibilità è diventata un tema caldo, ma il concetto di moda circolare, che mira a ridurre al minimo gli sprechi e a massimizzare il riutilizzo delle risorse, è ancora poco conosciuto tra i consumatori. Nonostante il 60% dei cittadini europei – in particolare giovani – si dichiari disposto a pagare un premio per prodotti sostenibili, le scelte d’acquisto reali sono ancora fortemente influenzate dal prezzo e dalla praticità. Questo divario tra intenzione e comportamento rappresenta una sfida significativa per le aziende che si impegnano nella produzione sostenibile. In questo contesto, il mercato del second-hand sta emergendo come un’alternativa di estremo intere e “di moda”, offrendo un compromesso tra risparmio economico e un approccio più sostenibile al consumo di fashion. Parallelamente, si osserva una diminuzione delle pratiche di guardaroba sostenibili come la donazione o il riciclo dei capi.

 

Il fenomeno del “fashion renting”, ovvero il noleggio di abiti e accessori, è fenomeno di nicchia ma emergente, contestualizzandosi come opzione per un consumo più consapevole e per accedere a capi di alta moda senza l’onere dell’acquisto. Infine, la crescente domanda di personalizzazione, sia nel prodotto che nell’esperienza d’acquisto, e l’innovazione continua nei materiali e nei processi produttivi, sono elementi che stanno ridefinendo in modo strutturale il panorama della distribuzione al dettaglio nel settore moda.

 

“L’accurata relazione della prof.ssa Martinelli porta all’attenzione tematiche cruciali per le nostre imprese del settore: le dinamiche di acquisto e i comportamenti dei consumatori. Gli spunti emersi da questa preziosa indagine possono essere di grande supporto per le imprese, la cui difficoltà emerge chiaramente dai dati sull’andamento del settore moda di Modena e provincia. Questi confermano la crisi profonda del comparto e la necessità di un’evoluzione che supporti la resilienza delle piccole imprese. Confesercenti Modena conferma il proprio impegno attivo a fianco degli imprenditori del retail moda in questo percorso di adattamento e innovazione, promuovendo la conoscenza, la formazione e l’adozione delle migliori pratiche per affrontare le sfide e cogliere appieno le opportunità che il mercato presenta. Parallelamente, sollecitiamo da un lato misure concrete di riequilibrio normativo e fiscale delle vendite delle grandi piattaforme di e-commerce, dall’altro, un’educazione all’acquisto consapevole e sostenibile, esigenza che emerge dalle apparenti contraddizioni in tema ambientale espresse dai giovani consumatori di fashion” afferma Marvj Rosselli, Direttrice Provinciale Confesercenti Modena.

 

Modena, 1 luglio 2025  – Comunicato Stampa

 

Contatti: cell. 333.4094983 – ufficiostampa@confesercentimodena.it Per ulteriori informazioni: Ufficio stampa Confesercenti Modena – Serena Fregni – MediaMente stampa@mediamentecomunicazione.it

Consulta tutti i comunicati stampa

CONFESERCENTI MODENA

Lascia un commento